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Pubblicata il 14/09/2015
Nulla par essersi nei secoli mutato

del triste lor peregrinar destino

di genti tante del consorzio umano:

erravano nell’arido deserto un tempo

quei figli miseri del già un dì errante

abramo al cercar della promessa terra

altre par utopiche speranze spingon

oggi di nuovo a lasciar quell’antica terra

le siriane genti a varcar le serbo danubiane

sponde, premevan e nel tempo premon

indios meticci messicani altro ostil deserto

a un passo lì quell’eldorado americano,

e partivano un tempo i bastimenti nostri

affollati di terza classe miseri lunghi treni

terre campane aostan venete lombarde

piemontesi tosco liguri furlane sicule

sarde calabre lucane pugliesi umbro

marchigiane e emiliane romagnole infino

tra pianti tanti e lacrime lasciate e quel

loro vagar poi senza del doman certezza,

pur altre sponde altri o stessi continenti

genti irlandesi curde polacche e tante così via,

oggi son insicur gommoni barconi dal rotto

fetido legname che spingono a cercar qui

da noi fortuna sfidan altri navigli poi non più

sicuri l’alte profonde infide acque indiane

non nera scura bianca rossa gialla è la pelle

ma stessa la speranza di vita miglior nuova

tanto e tanto lontan da patria e casa: che

par nel tempo non cedere all’oblio al ricordo

migrante questa parola cupa tanto triste

ha soffrir perché e sempre patir povera parte

tra la tanto felice e tanta dell’umana gente?
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Oniricamente immensa! Sir Morris

il 28/09/2015 alle 20:37

Grazie sir ggc

il 29/09/2015 alle 09:00