(Continuo con la serie di libere rielaborazioni di opere altrui: qui l'impegnativa "Ode al Pomodoro" di P. Neruda)
ti ricordi quando la nonna
faceva il pomodoro?
la casa dei nostri anni primi ,
le casse ricolme dei frutti rossi,
figli della infertile nostra terra madre.
la luce del mezzogiorno si torceva
nel fulgido sfavillio delle bucce.
le mani leste della nonna li lavavano,
preparandoli al successivo sacrificio:
e qualcuno cadeva e scorreva per terra,
valanga infuocata di rubino.
poi l’odore invadeva la cucine,
entrava nella sala da pranzo, nei terrazzi,
si nascondeva nelle credenze,
tra bicchieri azzurri e saliere intasate.
affondava la nonna
il coltello nella polpa vivente;
una rossa viscera, un sole fresco,
riempiva le casseruole,
danzava allegramente
con la cipolla chiara,
si lasciava cingere dall'olio,
figlio unigenito dell'ulivo,
gli emisferi socchiusi.
la nonna aggiungeva pepe e fragranza,
poi sale
e tutto il magnetismo della sua età.
sopra il tavolo,
nel mezzo dell'estate,
il pomodoro, astro della terra,
mostrava
la sua carnale pienezza,
l'abbondanza senza ossa,
restituiva
il dono misterioso del suo profumo
alla freschezza della nostra giovinezza.
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