E t’ho ricoperto d’acqua
dolcemente
umettando carezze arcaiche.
mi figuravo
elemento unico e vitale
per te
che come terra
bramavi bermi anche coi baci
per irrorare le tue ascose caverne
sotterrane gallerie d’ombra
dove s’annidava il seme dell’amore
gettato in te
secoli addietro
da un altro di me
e giammai sperso
nei meandri dei corpi tuoi
fuggevoli vesti d’anima fulgida
che ha ricercato il mio nucleo
su bocche spente d’uomini diversi.
fluisce il tempo
inaridendo attimi.
e come sacra terra
tu
m’hai arginato i rivoli inutili
di dispersione cosmica
d’energia vitale
che gettavo
inconscio
menando un vivere blasfemo e solitario.
e son diventate vene del tuo corpo
non più arido e desertificato
ricco di granelli
pesanti al soffio
ma prezioso limo
dove germogli di vita
urlando in silenzio
si fanno strada tra zolle brume
per incontrar la luce.
ho irrorato
con amore
con le lacrime più dense
quell’acino d’essere
nouminoso
che t’appartiene da ere
sperando di farti gemmare
ancora
di me
in eterno.
e ho compreso
tardi
che come antico albero
devo morire
per rinascere altrove
senza vecchie radici.
son solo fango sporco
ora.
come terra
allora
ricoprimi e rapprendimi!
non voglio essere inutile fonte
nascente su foce immensa
che si confonde col mare dell’immensità.
essiccami!
come ultimo e sacro gesto
d’un amore antico riapparso
per risaltare
la pochezza del mio essere
che di acqua
ha
solo
amare stille notturne.
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