Al cangiante rimescolio fragil tese
furioso il ratto dal giogo sospeso
per esser suo male il fatal peso
lo strano credo di volo arreso
giro e rigiro la mia sacra messa
senza sosta a mano tesa
stupida giostra d’un’anima persa
nel tentativo vano di risignificar parole
dentro il torpido spreco d’una sola prole
allineato al bordo il mio canto annega
come chi nella mischia delle stelle in cielo
ha la sua fune appesa all’accorata speme
ad ali di gabbiano senza terra o notte
immerso in un cielo dal corpo asceso
ceduto a tratti solo per esser morso.
e’ così che si vendemmia nella nebbia
a scucir ambo i cavi ai superstiti lembi
del sogno tenuto stretto alla spada in sorte
nutrita cagna di sua signora morte.
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