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Pubblicata il 06/08/2014
il grido di quel dolore mi pervenne
il fragore di quella esplosione
mi raggiunse
nella nicchia di carne materna,
il grido di quell’immenso dolore
mi pervenne
perforando le placide acque placentari
dove ancora mi libravo
priva di ogni peso;
Il fungo divenne simbolo d’inquietudini,
enola fu l’artiglio che seminò la morte,
il maglio di metallo che
disperse la speranza.
L’ urlo di milioni
di bambini fu onda anomala
che pervenne alle mie orecchie
non avvezze ancora
ad udire il proprio pianto,
spense la tremula candela del sorriso
da pupille vergini
mia madre in quell’ora fatale lanciò un grido:
io nacqui recando negli occhi
le stigmate di un dolore
che da quel momento fu anche mio
e da quel giorno
ancor non m’abbandona
rendendo funesto
il dì della mia festa.
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Nascita e morte; una elegante e sofferto ricordo di una tragedia indimenticabile.... rendendo funesto il dì della mia festa. Complimenti. Attualmente 4.5/5 meriti.

il 10/08/2014 alle 12:16

io non sono così legato allo spuntare delle tue parole come dovrei cara anny, me ne dispiaccio...un testo che travalica il tempo e unisce dolore passato a dolore presente....unica, senza sbavature, e l'animo lo sente, perché non smette di leggere....ti abbraccio, andrea

il 10/08/2014 alle 23:50

io nacqui recando negli occhi le stigmate di un dolore che da quel momento fu anche mio... Intensa e profonda! Dora

il 13/08/2014 alle 17:30

Immensamente coinvolgente.

il 05/11/2014 alle 17:40