I miei polsi sono di cartapesta,
flessibili e sinuosi,
dall’ulna sporgente.
“E’ come suonare il pianoforte”,
diresti.
e intanto
conduci le mie parole
verso la meta che hai scelto.
dirigi i miei sensi
con prudenza e perizia.
come fossero
ultimi istanti
del tuo pensiero cobalto.
con disinvoltura
tratti le mie paure.
e i miei quesiti
che non sempre
cercano soluzione.
non sai ascoltare in silenzio,
ma pretendi di creare il mio equilibrio,
quando, taciturna, barcollo
nella tua vita.
mentre il tuo sguardo
insiste sul mio corpo
vestito d’organza bianca.
e capricciose lacrime e malizie
stillano,
non soltanto dagli occhi.
non ho speranze
che possano rendere mie
le tue guance.
perché avvenga
dovremmo versare il sangue
nello Stige.
e dunque,
di mattina,
arrivano languide lingue di sole
a far luccicare il copriletto rosa conchiglia.
dopo notti immobili,
nel nostro tempo
che è reticolo di mente
e respiri divisi.