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Pubblicata il 13/03/2014
Orlando già passava
su quell'arco iridescente
quando s'alzò la quinta
d'un levante tempestoso
erto sugli stalli
di una luna in epatta.

E il volto di Caino
s'affacciò in mesto ghigno
sul sommo del dirupo
e scrollò le cime irsute
eccitate da un vento calmo,
come le criniere sciolte
di destrieri fascinati
nello scalpito sfrenato
lungo la valle dei sicomori.

Come spighe di grano maturo
piegan lo stelo i cedui mori,
segati in fasci e affastellati
in covoni rubescenti
come da ruggine abortiva
della segale cornuta.

Sul deserto inaridito
di migliaia di gole spente
tuba mirum spargens sonum
e Durlindana lo sorregge
come croce tutoriale
nella piega del ginocchio
sulla soglia del silenzio.

Non c'è stata mai fortuna
ora mormora sommesso
il nero aruspice nubiano
per chi sogna arcobaleni
contro un cielo violetto,
ma Orlando adesso è in veglia
sopra l'arco iridescente
degli Eroi per il Risorto.
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