Fra le grucce e i ripiani scoperti,
ho visto scendere le tue mani
nella lavagna dei fermenti,
nella cucina con la calce ancora
fresca.
Un ritaglio annerito col gessetto
contrariato, di certe sere relegate nel limbo
degli afflitti, a blandire il telefono
tra le chiazze di un mea culpa.
lo schietto profilo dell'orto,
dove prima ridevamo e contavamo
le linee sul prato, ora raccoglie gigli
di cera, la semina indurita in un
chiarore trafugato.
ed io ti scrivo, nonostante la futile
attesa,demolendo la lacrima che
evapora nell'ignoto;
tra le carte e le matite arrossate,
l'abbozzo tiepido di un Ti Amo.
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