Ignorando dimensioni caotiche
di qualche silenzio addietro
comprese tutte le perpendicolari
declinazioni dell'amore mute
poggio
più o meno consapevolmente
su piccole rughe di ruggine
fuggite a stento dal blaterare del mare
rimettendole a combaciare
con quelle rigide e folte che ho dentro
( tutte da suonarsi come arpe birmane)
ecco
come la tanta luna paziente
-gialla mela carnale-
di pallida licantropia mi adorna
la quanta memoria (densa come nell'estate
le cupole d'oro delle moschee iraniane)
presa però come abitudine al veleno
piccole dosi
consumata senza fantasia
così la sua chiarezza si spenge
evanescente declina
continuando ad appartenermi
solo sotto una pietra tombale.