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Pubblicata il 04/11/2013
Non vedi la mia anima testarda
che fa collane di parole, e stacca
piume alle oche prima di mettersi
a dormire?

consegno al ventilabro il grano corposo di una vendemmia morta
nell'estasi di un bacio,
al riparo da gufi e cornacchie, dalla spinta intrusione dei
gitani.

comprendi la mia maniera di amarti
numà?

capisci la condanna degli astori
costretti a planare di ramo in ramo,
a svernare da soli in una rimessa
zeppa di coperte e ventagli spezzati?

e' così, ci sono tanti modi di amare,
numà.
ma la sofferenza è sempre un tacito
ritorno che smuove a tappeto le stagioni,
gonfia gli alveari di polvere e alimenta
le acacie nella lordura di un seme bilioso.

cerca di avere sempre fame, Numà.
non essere mai sazia, nemmeno di te stessa.
e tenta se puoi di ricordarti di questo
laconico mastro, rimasto impigliato
fra i lecci allampanati, e i sepolcri
concimati dal vento.
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Dolcemente scorrevole

il 04/11/2013 alle 17:09

particolare ma profondamente bella ,un saluto

il 04/11/2013 alle 18:42

Piaciuta! Ciao Fra, sei bravo.patty

il 05/11/2013 alle 18:22

WOW. Ho letto qualcosa di particolare e molto speciale. Grazie x questo scritto. Grazie. ^^jl

il 07/11/2013 alle 12:18

Ottimo consiglio per Numá, lo seguirò anche io, grazie :)

il 10/11/2013 alle 15:57