Sirene posate su languidi scogli
le pinne antenne trasmittenti
di canti soavi di canti sublimi
inondate il mio duro cervello
rendetelo tenero tenero di dolcezza
cospargetelo di zucchero in polvere
spruzzandolo di acute note mielose...
l’eco del mare ripete se stessa
incessanti maree rimbombano eterne
a non distinguere il nuovo dal vecchio
nell’infinito dispiegarsi di un suono
bello e puro...
bello perché sempre più bello
puro perché guardiano discreto
dei segreti dell’anima mia.
così il vostro canto Sirene mie
è sempre presente nel mio cuore
poiché colonna sonora d’un battito
intrinseco
autonomo
linfa vitale tale perché necessaria
nascosta ma colonna portante
cemento ingabbiato del mio vivere.
e se perduti amori persi nel burrone
dell’esistenza trascinata dalle corde del tempo
e se tempeste sconsiderate nel buio
del pensièr mio per gioco ragionante
e se mazzate detonanti al mio essere psichico
fantoccio onirico d’un perso Freud
avranno scavato un nero solco nell’abisso
della mia perduta coscienza...
sempre tenderò orecchio
ad ascoltare vostra voce
sirene mie belle...
state sugli scogli a cantare
come meretrici augelle fringuelle
a farmi dimenticare il Mondo e derivati
ad ubriacarmi d’un dolce alcool atossico
che fa vibrare l’animo mio
come corde di violini pizzicate
da penne d’alteri pavoni...
vorrei posare il capo sulle vostre tette
ed annusare la salsedine dei vostri capezzoli
per nutrirmi d’un salato latte ristoratore...
vorrei baciare le vostre branchie labbrose
ossigeno del mio vivere in un mare di guai
ove mio malgrado a sguazzare son costretto
scacciando le luride immagini che immortalai
nell’illusione di riposare finalmente in un tenero letto