Jasper
ha sognato ancora
il diluvio danzante le brughiere,
le asperità della dolina immersa
nel grigiore della selva.
Chiedeva
di seguire la Compagnia dei
Cavalieri Scalzi, gente dal volto
sfibrato da una nube ribelle.
“Jasper, non morire”
nel concitato sonno la voce di
Rafìa era l'unico scoglio, mentre
l' austro ubriaco svelleva i giardini
di grano.
Una mattina nel losco fortore
di foglie bruciate, il guerriero tuonò
il proprio risveglio, tendendo lo scudo
alla cricca di paladini venuta in
soccorso.
“Etambò ci manda, dal castello di
Bruma. Lo scudiero è già pronto,
se vuoi, Hiamàn è un cavallo veloce;
non dubitare di noi, siamo invisi
alla notte come vascelli d'aurora.”
dolce il pensiero ancora pregno di premonitore sogno,
si rifocilla pio al contatto d'acqua di cui ha mero bisogno
“Attendetemi all'uscio oh miei generosi impavidi cavalieri,
lasciate che rifletta gaio con me stesso oggi più di ieri...”
una lama nascosta dilagò su entrambe le prodi braccia,
non fidarsi è bene sin quando non vedi il nemico in faccia.
(continua...)