Shalimar avanzava stancamente nel folto del bosco. Ormai l’imbrunire era prossimo ed evidentemente la fatica della giornata si faceva sentire. Gli ultimi raggi del sole che riuscivano a penetrare obliquamente l’intrigo di rami e foglie sembravano lame conficcate in una corazza. L’atmosfera era straordinariamente bella: il silenzio regnava sovrano, come se per gli animali le incombenze quotidiane fossero già terminate e i secolari alberi avessero le sembianze magiche di giganti a guardia di ancestrali misteri.
ma il cavaliere, che in altri momenti avrebbe apprezzato questo superbo spettacolo, era assorto in altri pensieri: doveva fare attenzione, sapeva che era vulnerabile in quella condizione ad eventuali imboscate e agguati. La mano teneva saldamente l’elsa della sua spada, pronto ad ogni evenienza: ormai, oltre al suo cavallo, era la sua amica più fidata e sentire il freddo della sua impugnatura lo rassicurava.
sperava di uscire quanto prima dagli alberi per trovare un posto tranquillo in cui accamparsi per la notte. Shalimar aveva bisogno di riposo: lo aveva spinto molto nella giornata per superare diversi punti critici e ora lo sentiva provato.
ma anch’egli si sentiva stanco e avvertiva una certa fame. Avrebbe acceso un fuoco e al tepore della fiamma consumato qualcosa per poi finalmente riposare un po’.
improvvisa una freccia sibilò ad un pollice dal suo viso per andare a conficcarsi sull’albero alla sua destra. Shalimar si impennò nitrendo.
“Buono bello, tranquillo.”
tenendo saldamente le redini per calmare il cavallo, sguainò la spada e si girò verso la direzione di provenienza del dardo.
“Chi osa! Fatevi vedere se ne avete il coraggio!”
per tutta risposta una seconda freccia sibilò vicino la sua testa
“Dannazione!”
una risata beffarda echeggiò nel silenzio del bosco.
“Venite fuori che ve la faccio passare io la voglia di ridere!!!”
“Calma cavaliere… se avessi voluto uccidervi lo avrei già fatto.”
“Ah! State dicendo che mi lanciate due frecce tanto per passare il tempo?”
“No di certo. Ho le mie ragioni.”
il suo aggressore che finora era stato in ginocchio al riparo di un albero si alzò e finalmente poté vederlo: indossava un completo blu con corpetto in pelle e stivali neri, e aveva biondi capelli corti e lucenti occhi azzurri.
teneva con ambo le mani, di traverso rispetto al corpo, una balestra di pregiata fattura, segno evidente che non doveva trattarsi di uno sprovveduto qualunque.
“Si può sapere come Vi viene in mente di tirarmi due frecce? Mi avete quasi ammazzato!!!”
“Ma non l’ho fatto cavaliere. Ora permettetemi di porvi una domanda, cosa Vi porta sulle mie terre?”
“Porto a termine un incarico e sono di passaggio. Il resto non Vi è dato di sapere, visto che nemmeno Voi siete stato prodigo di troppe spiegazioni.”
“Sta bene! Avremo modo di parlarne davanti al tepore di un camino e rifocillati da un buon pasto. Vi offro la mia ospitalità messere.”
“Uhm… Vista la Vostra accoglienza devo forse aspettarmi un pasto avvelenato?”
lo sconosciuto proruppe in una gran risata.
“Per Vostra fortuna non sono io a cucinare cavaliere! E comunque potete stare tranquillo: qui l’ospite è sacro!”
“E sia. Fate strada!”
fu solo allora che Sir Morris vide uscire da dietro l’albero e i cespugli un magnifico sauro: la stazza dell’animale era considerevole e si chiese stupefatto come avesse potuto non notarlo. Ma si disse che sicuramente era un brutto scherzo giocatogli dalla stanchezza.
salito in groppa con un balzo, il giovane lo raggiunse sul sentiero e proseguì al trotto.
to be continued.....
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