La canzone di Kabouz invade il solco dei tramonti.
Sono tutti lenti e afosi, fra pareti sonnolente.
Hanno ucciso un negoziante che ripara le fondine,
il suo corpo sta bendato nel silenzio della
yurta.
Kabouz continua a cantare.
Lo fa sentendosi schizzare delle mine sotto
un fianco, sale sopra un camioncino che
trasporta ventri aperti.
“Kabouz, kabouz, se ne vanno gli
elefanti, hanno tutti perso il mitra,
torna a casa, se ne vanno...”
Su un pontello militare non si
accorgono di lui, che sta sotto la
maceria, ritorcendo una candela.
E canta. Kabouz canta.
le sorgenti scolorite del Bartang
ormai piegato, lo trascinano in
un fosso.Lui non sa gridare, non
ha mai spaccato il cielo con le urla
o coi cannoni.
e per questo sa cantare la finzione
della morte.