in pullman verso i quattro seduti di fronte
esordii più o meno così:
"l'unica arte che vale la pena di coltivare
è quella che la distrugge. e scusatemi la parola (artrrrrrr)
che è per capirci"
ah, ovviamente dissi questo non proprio come esordio
ma dopo: "qualcuno di voi vuole leccarmi l'ascella?"
e indicavo quella sinistra
"nono grazie, i più sarcastici" "ah ok, io ho chiesto".
poi quello intelligente: "perché la sinistra?"
"perché la roba bona me la tengo per me".
vabbeh, questo è stato l'esordio, ma tornando all'artrrrrr
continuai di continuo senza fermarmi mai per ammazzarli
di retorica come non mai, insomma non pensai e sputai
l'artrrr è talmente esautorata dalle bancarelle del mercato
che pensare all'oltre è overload syndrome
nacque il primo tatoo, e uno dei suoi figli, l'avventuriero di famiglia
è un tatuaggio che respira
presto costruiremo in pieno centro
delle grotte artificiali
e invocheremo mammut
dal pelo ghiacciato nei ghiacci siberiani
per rifare iper-realisti graffiti
con le loro zanne
o col sangue dell'unghia che graffia
la scorticata parete del nulla
la bionda: "ma non ci interessa..."
"i leggins hanno distrutto l'inverno"
"non essere volgare"
"hanno distrutto la pornografia"
poi me ne torno al mio posto
lasciandoli al loro esame-discussione
e il giorno dopo vengo a sapere
che la bionda del gruppo mi ha definito cafone
e dopo una risata sguaiata penso
non so davvero per quale collegamento
a questa bella rimetta
che mi circolò in testa
insieme a una musichetta
"non è più la parola che tuona perché splende
ma la parola che stona perché vende"