accarezzo il platino delle
tue orbite deviate, varianti
di agoni sterili, infossati
nella posa di un leccio
ammonitore.
stordito, ti trovo chinata
su una foto ancora schiusa,
il salto da quel trampolo
di vita un po' sbiadita.
non riesco a non voltarmi,
decido di aspettarti lungo
i margini del letto, allevo
un rigo, una frase ben
sentita che sia sfondo al tuo
ansimare.
la notte sorvoliamo su
questo precipizio, torniamo
a limare i boccoli che avevamo
da bambini;
quando c'era ancora un grillo
a stordire il davanzale,
quando il bacio sulle gote
sapeva di grandine e
pesco.
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