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Pubblicata il 11/06/2013
Sono solo un uomo e ora sono anche un uomo solo. Di me si ricorderà qualche familiare che mi ha conosciuto e purtroppo o per fortuna anche chi ha avuto modo di conoscermi poco e niente ma che non potrà mai dimenticarmi perché gli ho dato la vita. Poi, quando la mia generazione si estinguerà, quando anche mio figlio non ci sarà più, resterò, come è destino di tutti, nella polvere della terra e nell'aria del cielo, nella speranza che ciò che ho appreso a catechismo e fatto mio con la fede sia vero e possa ricongiungermi con chi mi ha voluto bene, ricambiato, e ha perso le mie tracce troppo presto.

mi hanno mandato a combattere questa stupida guerra di cui non mi importava niente. Hanno detto che era per la patria, contro le potenze imperialiste, ma a me sembra che anche Italia e Germania siano o siano volute essere imperialiste. Io so solo che ho visto morire i miei amici e commilitoni a migliaia, che la mia famiglia è lontana e soffre e soprattutto soffrirà per me, che io stesso ho fatto una vita di stenti che ora, me ne accorgo, sta per finire prematuramente. Tutto questo per cosa? Può esistere qualcosa che dia un senso a tutto ciò, si chiami duce, Italia, gloria od onore? Io avrei voluto semplicemente una vita normale, felice con poco. Avrei voluto vedere crescere mio figlio (ed altri eventuali: avrei tanto desiderato una femmina!) assieme a mia moglie, un impiego onesto, una bella casa con un orto curato, la pasta fatta in casa, un bicchiere di buon vino rosso e la siesta dopo il lavoro. Tutte piccole cose che ora sembrano enormità, ora che la stanchezza ci toglie il respiro e il gelo ci irrigidisce le espressioni preannunciando un altro gelo, ben più grave: quello definitivo della morte, che non tarderà a sopraggiungere. Sono ora in una terra che non conosco: non è più Italia, ma non è ancora Russia, dove dovremmo andare. Dovremmo, ma non andremo, perché cadiamo come mosche, come birilli e molti di noi non hanno neanche degna sepoltura. La stanchezza ci induce a fermarci, il freddo a muoverci per non morire ibernati e così facendo non viviamo, al massimo sopravviviamo, finché potremo farlo.

spero solo che queste parole, che affido ai timidi raggi di un sole che pare imprigionato dal e nel suo destino - come me, come noi - non vadano perse ma che un domani saranno raccolte e diffuse per far capire che la guerra è sempre un errore, quando poi la si poteva evitare una terribile responsabilità.
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E' con molto rispetto ed in punta di piedi, che scrivo qui e non per commentare ma per dirti: grazie, per averlo scritto.

il 11/06/2013 alle 21:30

Struggentemente vera! Grazie sinceramente, messere!

il 12/06/2013 alle 00:42