Ci misi tanto per trovarti e tu, per riconoscermi.
eravamo solo giovini con poco per la testa, tanto per il cuore
e solo il passato ricordava l’odore rubato dalle bottiglie di liquore.
a volte ritenevo che l’onestà era la peggior politica.
avrei fatto meglio ad esser morto come esso?
copiosamente, dovevo arrendermi come esso?
la sua foto cartacea consumata ai propri contorni,
non apparteneva più a lui. Non mi apparteneva nient’altro;
solo codesta foto ingiallita dal tempo che non esitò a risparmiare.
osservavo i suoi lineamenti fini e risoluti,
perdendomi nel suo viso reprensibile che richiamava sentimento.
il colorito del suo viso racchiudeva attonito quello di tanti altri.
sentimento, tanto di quest’ultimo perso nel suolo,
dove lui stesso vi camminava in vita dettandomi del suo ruolo.
quel buon futuro che sempre mi portava alla fine del nostro gonzo conflitto
e mi spiegava ogni volta come precedentemente mi sentivo completo.
ora non posso respirare tranquillamente
né lasciare che il mio battito sia libero come da adolescente.
e se molti cercavano quei tanti minerali sepolti nel suolo,
io li ritrovai nei tuoi occhi smeraldo uniti al quarzo nero.
non avrei tratto lucro ma me ne sarei vantato con le stelle.
ero qualcuno ma non un altro e non sapevo chi volevo essere
ma tu rimasi e mi disegnasti la via con la tua amata matita.
religione, credenza o vita ultraterrena, riponevo il mio sentimento maturato
nel mio ultimo letto caldo nella speranza di riporlo nel suo ultraterreno.
la sua unica immagine giacché ingiallita aveva posto;
molti vi sarebbero passati, conservandola, sciupandola e dimenticandola,
ma sarebbe rimasta sempre di mia proprietà, ricordandola.
un solo istante sarebbe volato e anche il sole sarebbe calato.