vado a tessere di gemme
le tue umide arroganze,
partendo con l'ala rivolta ai
grumi di spiaggia.
nel grembo di quale flusso
salino ti eri adagiata,
vorticando fra bigie conchiglie
e rantoli d'onice.
deposito di un cuore aperto,
la treccia del fiume rivela la
fuga complessa, le cui strenue
corazze inveiscono contro i
roghi del deflusso.
superstite adesso, io solo,
del pelago inclinato da un bacio
troppo assorto, troppo fiero
delle sue stesse stranezze.
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