Chiuso tra tende di nero velluto
del mondo impazzito rinnego schiamazzo,
candela deforme fiorisce danzando
tingendo d'etereo confini di pietra.
Il corpo m' è oggetto già dimenticato,
il corpo m'è tedio dell'essere nato,
nessuno potrebbe appellarsi a reclamo
che il cor m' ho velato con vitrea esistenza.
Il corpo m'è gabbia, il corpo m'è grida,
s'aggrada al sentirsi infecondo di vita,
menzogna appurata è speranza infinita
che apatiche risa la mente conviene.
Il corpo m'è sguardo nascosto nel buio,
m'è verme vorace di tenebra e fango,
m'è nausea di linfa che in vena pulsando
mi lascia inquilino d'un tempo restante.
Il corpo strisciante la bile rigetta,
rispecchia contorni di sagoma infetta,
burlare la morte si dolce lametta,
è ossequio finale per l' Ade che aspetta.