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Pubblicata il 03/08/2012
Mani di sangue,
volto di sfida,
occhi di tenebra.
Sovrano del sole che langue
ero padre della giustizia,
ma il corrotto occhio del cuore
si perse nelle visioni d'avidità nefande.
Spingendo i fiori del mio campo
per le vie della perdizione
godetti,
nella dissolutezza morale,
nella dissoluzione mortale.
Il mio spirito fuggiva la pietà
come la neve fugge il fuoco.
Un dì giunse alle mie porte
un mendico d'origine ignota
aveva volto gentile
ma voce curiosa
per uno spirito fiducioso
nella bontà ch'oggi abbandona l'uomo.
Ormai annebbiato dai fumi del male
scelsi di accogliere costui
e mostrargli il vero volto dell'umano vivere.
Convinto Nittimo, figlio devoto, a seguirmi,
lo condussi nei antri oscuri del palazzo
illudendolo di felici notizie.
Scellerato quell'attimo...
ogni colpo affondò le carni giovani
due volte cinquanta l'uccisi aiutato dai fratelli,
che avrei premiato con possedimenti per il regno.
Scempio allo scempio,
per occultare l'evento offersi le carni
al banchetto allestito per il mendico.
E quel vecchio scoperse il suo volto divino...
vidi morire gli altri figli sotto saette di rabbia
ed ogni morte era un colpo nel cuore
che straziato non aveva voce per gridare.
Ora vago lupo affamato d'umane carni
sotto il vigile occhio dell'ossessione lunare
e in ogni fanciullo che uccido
rivedo Nittimo che straziato chiede perchè
prima di morire per l'ultima mia mano.
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