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Pubblicata il 17/02/2012
Ancora non apre l'aureo occhio il buio, un grido di vento s'ode tra le fronde stanche. Un batter d'ali lento e cupo, sguardi indefiniti tra i contorti rami della selva ove il gelo è pesante mano sul cuore, e il respiro tace da fatica e ansia oppresso. Poi nessun movimento, nessun suono. Tutto par morto come nel desolato vuoto. Un fragore improvviso squarcia della pace il silenzio. Gatti neri lottare per un topo senz'animo. Il ritto pelo, il torvo sguardo, dell'ira insita nel profondo che muove di guerra e odio il sentimento. Non muore la notte nera e senz'astro continua nell'incubo. Nella campagna cresce il miasma di grano morente. Gli dei non danno responso sul fato che attende al mondo. E passa un giorno di gelido buio. Un altro che par riflesso del fuggito sorge. Violenza è sinonimo di vita. Chi ricorda il color di fiori. Chi ricorda quei fragranti odori. Il cielo nel suo pacifico perdurare dona sapide lacrime di sterile linfa. L'uomini vivono nella selvaggia ricorrenza, il sacrificare di bestie nell'attesa del ristoro. Ma quando animal vita più non si muove, tra i comuni amici va trovato il corpo per l'immolatore. E nel cercare di graziare per sè gli estranei dei, anche i figli non valgon più la gioia della loro attesa. Così è concesso notte per notte, alla giovin purezza portare morte. Il levarsi del pugnale il soddisfacimento morale. Lo scorrere del sangue l'appagamento spirituale. Ma niente vale il triste sacrificare di vite perchè di chi non esiste non puoi attirare pietà. Questo non è chiaro nella mente disperata, questo pare falso nella mente rassegnata. Sale il batter frenetico di tamburi, sfreccia l'esalare di lingue infernali dal fuoco, cresce il fissare maniacale d'occhi in follia persi. Vestita di neve arriva la vergine. Il corpo rigido viene legato all'altare. Spogliata dei bruni capelli s'avvicinan aghi alla pelle. Lento il dissanguamento delle vene. A nulla vale il grido d'una madre, giacchè il popolo ha parlato e la volontà d'un cuore ha piegato. Il rito è compiuto. Danza frenetica la gente, e grida salgono, e sudori calano, e beffarde risa dilagano, e maniacali movimenti dimenano. Visi storpiati dalla paura, dall'ignoranza e dal male. Oscena visione del gran dolore che crea l'uomo. Cala piano l'astro nero unghie di rosso salgono dietro il monte. Il sangue tinge il cielo torvo e morte e ignoranza sorridon del loro trionfo. Canta il corvo solitario verso e più non sorride l'uomo.
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tema eterno quello della violenza atavica, homo hominis lupus: fa rabbrividire eppure è necessario guardarla in faccia, rich.

il 17/02/2012 alle 11:23

Andrea apprezzerà, ciao rich
E.

il 17/02/2012 alle 15:10