Sono stormi di gabbiani o
sciami di locuste? Serate estive o
funeste coincidenze? Che non ho piú la statura
per soffrire veramente. Come quegli speroni d’invasori
sulle dita che annaspavano nel fango e lo stomaco vuoto
come caverne dove orchi s’annidavano. Ora colleziono frigoriferi
e mi specchio in circuiti di videosorveglianza. Le mucche mi fanno
orrore. I sensi s’invertono; preferisco canzoni a sinfonie e romanzi a
rime. La libido ha sostituito la fame ed il cielo s’è tinto di vermiglio.
Le cosce delle donne serrano come prima ma non è questo il
punto. Odio la malinconia. Mi chiamo Matusalemme: ho
gestito discoteche in Corsica, imboscato indigene
che raccoglievano acqua ai pozzi, dirottato
aerei per atterrare su campi d’oppio. M’
hanno picchiato a sangue; non
posso dire che mi sia piaciuto ma
ho fatto in modo che accadesse ancora.
Le mie mani sono sporche dei minerali rari
provenienti dai cuori delle mie amanti. Ho avuto
cinquecento donne ma certo non assieme.
Di ognuna conservo un ricordo: denti
di latte, brandelli d’unghie,
varie suppellettili.
Finché un giorno mi
svegliai in piena notte al canto
del muezzin ed al mio fianco c’era
la piú bella principessa tutsi che avesse
mai calcato un materasso. Andai nel bagno,
feci i gargarismi e composi una poesia femmina.
Capii allora che la mia vita era si difficile ma
non l’avrei cambiata per niente al mondo.
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