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Pubblicata il 11/10/2011
su ogni tasto del piano di Cabaner
s'appollajava un uccello, tropicale o artico,
piagnone o canterino, o capace di lunghe strida
se strozzato dalle sue dita.
cesellato da una tisi espressionista, intagliato
nel suo ebano catalano, lo spaventapasseri del
Rossiglione mi smerciava free drinks
sottobanco, e s'inerpicava
col fiato corto d'ubriacone
su una piccola canzone.
“dedicata a coloro che affogarono
il senno nella Senna, o negli assensi
dell'assenzio, o al cavalier
Sennacheribbo Esposito,
che splende per la sua assenza.”
alla caccia di note come quaglie,
come pavoni, o uccelli-lira
della Tasmania, il cristico pianista si dilania
perso per le praterie dei diesis.
per secoli il valore dei Latini
cozzò sull'isoterma di gennaio,
si ruppe le corna sui limiti
della civiltà druidica. noi Teutoni,
bardati di stalattiti di ghiaccio,
gli stampavamo stivalate in faccia
mentre a Oriente il Sassanide sfuriava.
m'attendeva una giovane Circassa
ammanettata al letto, d'avorio era
la pelle, e corvina la selva biblica
dei capelli, il mio modello preferito.
era pronta per il mio amore strano,
gusto eletto che s'innesta sul palato
e imbarazza il consesso digerente
dei visceri; un'omelette à la Dalí.
sussurrai al suo orecchio (hellenistí,
ça va sans dire) che il concerto
era stato bellissimo.
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ma dimmi la verità: ti piaccio di più con la D grande o la d piccola?

il 13/10/2011 alle 20:55

forse con la d piccola. ha quel non so che...

il 13/10/2011 alle 21:11

nojosa? ma se mi ci diverto tantissimo...

il 18/10/2011 alle 23:51