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Pubblicata il 10/09/2011
Dopo il telegiornale delle venti
m’andavo a sporgere da bordi di strapiombi
così alti che il mio naso si graffiava nelle nuvole.
Provavo la gioia della solitudine infinita. M’arrendevo
all’insistenza dei ricordi. In basso il mare era salato, liquido,
incipiente. Gli occhi mi bruciavano del vento di ponente.
Dopo un passo di fandango sorseggiavo le lacrime
che acide scivolavano dalle stelle. Arrivato
in fondo al mondo c’era sussistenza
di rumori d’altri tempi. Dove
mi chiamavo Gianni ed avevo solo sette
anni. Poi rientravo nella mia dimora silenziosa.
Non credevo che il dolore fosse così bello.
Anche più d’una collezione
autunno inverno.
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