Ti guardo
e stringo le tue mani tra le mie
trasudi freddo
Ti do tepore
poi t’accarezzo il viso
Ti sfioro col mio fiato
E inutilmente
aneliti di vita ti alimento
il tuo biancore è stagno
e’ un candore di giglio
di purezza
ormai solo scolpito
E già cogli occhi fissi
accesi nell’assenza delle cose
ammiri chi sa dove
non sembri spaventata
accenni ad un sorriso
Vorrei vedere anch’io
ciò che tu vedi
le tue pupille spalancate al vuoto
aprono varchi
su chiarori nuovi
vie che percorri lieve come piuma
E in me
mentre frantumi la scorza e t’allontani
scie di pensieri
come fumi d’incenso
sbalestrano la mente
Affondano dolori dentro il petto
Inessenza mi scopro
mentre t’avvolge il velo del silenzio
e ti sottrae da me l’evanescenza.