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Pubblicata il 16/05/2011
Un buio pesto, alla genovese
giusto per intenderci, ma
non ci vedevamo di buon occhio
perché la notte era affondata
nelle più ottenebrate tenebre
e per parlare si parlava
ma in lingue diverse
lei era svedese
ed io stavo sognando
allungai gli arti per verificare:
tutto deliziosamente a posto...
lei indietreggiò
con quell’idioma allucinante
fino al muro del porto
dopo era finito lo spazio
testò l’origine dei miei dati d’accesso
estraendolo maldestramente, ma
introducendolo con più facilità
aveva una mini color buio
avvertivo le pareti pulsare
o meglio, le avvertiva il mio coso.
Chissà come si chiama la patata in svedese
fu l’unico pensiero che
mi attraversò la mente di soppiatto
dentro istanti appena mobili
dal sapore d'infinito
mi colava la sua saliva lungo il collo
appena mobili
mentre il nero, piatto
sciabordio dell'oceano
dilatava ogni sospiro.
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Ironico, originale, divertente e formalmente scorrevole. Bravo!

il 21/05/2011 alle 18:17

grazie

il 09/09/2013 alle 15:07