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Utente eliminato
Pubblicata il 11/05/2011
Ritorno alla poesia

Ritorno oggi sui banchi del liceo
e dei lirici greci apro un libro
e leggo piano, lentamente e a caso:
l’elegiaco Mimnermo e il giambico Ipponatte
poi la divina Saffo tra i melici monodici
ed Alcmane ed Ibico tra i melici corali.
Ecco di ciascuno uno o più versi presi
sempre a caso nelle belle e snelle
traduzioni di Filippo Maria Pontani :
“E’, gioventù preziosa, come un sogno
Curva su me vicina al lume Arete
L’acqua fredda risuona tra le rame
Del melo e la radura un’ombra
Dormono i vertici dei monti e i baratri,
le balze e le forre e le creature
della terra bruna e i pampini,
graniti entro il segreto ombroso
dei tralci, danno fiore.” Che ve ne pare?
Versi semplici che s’intrecciano
tra loro quasi a comporre una poesia
anch’essa semplice ma pur vera
non di quelle con parole astruse
dove il soggetto quando presente
rincorre il predicato o dove il verbo
è mancante o sottointeso per non parlare
di concetti che violano la mente e la ragione!
Parlo per me s’intende e ripongo
pertanto e veloce il libro in un cassetto
e mi domando perché scrivere e leggere versacci?
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