Un sole irrompe nel mio sonno
e in alberi sibilo di vento;
sei ancora tu, madre immemore,
in cui disperso navigo,
tra stagioni marine
che dolci lievitano
in ansia di pioggia.
In te mi desto,
pur d’altra terra amaro e consapevole,
e nel tuo canto m’abbandono.
Il mio male ha radici antiche,
ma i rami sono d’aria,
come volto di donna
che la tristezza chiuse in abbandono
e mai la tocca il tempo,
che me torce e ingrigia.
In te mi getto:
un fresco d’acque dilava il cuore;
passi nudi di ragazzi vi s’ascoltano nel buio.