PoeticHouse - Il Portale dei Poeti e della Poesia
Pubblicata il 11/03/2011
Sognavo il sogno americano.
Erano spesso incubi di violenza.
Di Las Vegas squinternate. Eppure
quanta resilienza se la notte s’infrangeva
sulle coste miti. O la luce trapelava dai vicoli
bagnati di quartiere. Ovvero dell’affanno da cinico
progetto che setaccia geni, ardimenti, capitali e mode.
Dai fallimenti rimasti senza traccia. Nello spettrogramma
di frontiera. E napalm lanciato a distanza regolamentare.
Guerrieri di preghiera. Quella volta che stringevo la
mano di William Burroughs ed il suo sguardo
si sbriciolava sui miei piedi. Merda calda
e cani caldi. Donne calde. Messianici
criminali. La distanza: larghezza
lunghezza altezza senza
fondo. Profili di metallo
e durezza da bambino. Curve
che non parlano dell’arrivo. Quella volta
che dissero: abbiamo bisogno della sofferenza
ci rende forti fa sopportare un sogno che se restasse
sogno come spesso accade allora non sarebbe soltanto
sofferenza ma addirittura il vuoto sotto i piedi la rovina
d’una Babele che abbiamo faticato tanto a costruire
e si sapeva del pericolo ma eravamo al cinema.
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Allora il mito della modernità rappresentato dall' america e dai suoi miti...Sogni da bambino e fiducia nelle "meravigliose sorti e progressive", incredibile ipocrisia di chi ha mentito anche a se stesso, incredibile incoscienza in cui siamo tutti cascati...complici l'industria del cinema di Hollywood, tutta l'industria culturale saldamente nelle loro mani, (ingenui noi a crederla neutra, non è mai successo nella storia..)..Questa tua poesia complessa, dura, amara mi ha detto tutto questo...un saluto

il 12/03/2011 alle 14:12

Grazie Arturo e non so quanto possa interessare ma piu' che bambino ero ragazzino, l'America era il diavolo e l'ho recuperata poco. A me (modestia a parte) piace moltissimo questa poesia, che credo di aver migliorato dopo la pubblicazione. E' dura, si.

ciao ciao,

il 14/03/2011 alle 07:12