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Pubblicata il 19/09/2002
Scorrono i miei giorni
come spole,
e adesso non ho nulla
e parlo sola,
degli anni morti in cuor
io mi consolo,
le ore eterne eternamente
amare.
In brevi istanti gli abissi,
le voragini del tempo,
dell'infinito tempo
i tanti tanti secoli,
e vicini i presenti ancora
attivi come calme omicide,
centro di tenebre.
Ch'io sia fatta la notte
di me stessa,
palpiti di pene o di gioia.
Non vedo altro che luci
e tramonti che
a me sembrano diabolici,
resto li nel vuoto
come un ombra,
al margine rimango,
affranta sorrido,
scelgo l'attesa,
la presenza segnata
e decantati tempi,
all'impazienza.
Il mio occhio fermo
sul litorale insolcato,
attendo il ritorno di questo
tramonto come specchio,
su un cristallo lungo,
dai cieli piombando
ritagli uniti di lunati corpi,
mille luci alla ribalta,
suscita finzioni irripetibili
d'amore.
Il tramonto già nel mio cuore
aderito,
dalle cose e in quello
che apertamente cela,
si affonda fluendo alla radice.
D'infinità diverse,
come timbri di luce,
fotoni d'amore,
come ellisse acquale,
sopravvive,
pur decimata,
regressa e atterrita,
la mia parola che si dilegua
in violenti flussi.............................
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E' una poesia al di la' di tutto. Sembra uscire, come nitida visione, da un quadro surrealista, in cui immagini e colori si susseguono con fluttuare folgorante. Ma nel movimento mantieni un tono profondo, improntato gia' dai primi versi, nei quali risento l'amaro scorrere del tempo, degli anni e delle morte stagioni...mi hai fatto ripercorrere momenti di meditazione poetica, da Petrarca a Foscolo.

Originalissima e tua l'orchestrazione di questa visione fantastica nel profondo.

S.

il 19/09/2002 alle 16:19