PoeticHouse - Il Portale dei Poeti e della Poesia
Pubblicata il 05/07/2010
Quanto me piace a leggere i dialetti :
me fan sentì Romano,
o gnucco Calabrese, o Sicilianu.
Sogno spesso essere Sardo,
a bermi “U FILUFERRU” che adoravo,
e far le nenie pastorali, come son solo lor capaci.
Pugliese poi con quell’accento “ Baeri”,
mi sento un po’ terremotato con quegli Aquilani.
Ed il ricordo del parlare piano
di quegli amici Marchigiani.
Un “Socc…” e sono Emil-Romagnolo,
con tette e torte e tortellini,
Ritorno poi a legger “A livella”
e mimo “l’uom di mondo” nobile Napoletano.
Non dico poi Toscano nel recitare il sommo,
e Umbro nel pregare al cantico del Poverello.
Col “mandi” mi ripenso un po’ Furlano,
e con le “ombrette” d’altri tempi nel Veneto scorazzo .
Poi fra “belin e belan” Ligure e un poco pazzo
godo di monti e mare come un tempo,
di nessuno mi vorrei dimenticare, Trentino, Aosta e La Basilicata,
di quell’Antonio di cui ho fatto “orecchio” alla parlata.
Poi viene e sopravviene il cuore, cui non si comanda,
che mi ricorda origini e presente:
Piemunt e Lumbardia, pà e mam, e qui mi butto :
“Se sem tucc different , l’è na belessa!
Ognun cul sö, ghem tucc una richessa
de mett a dispusiziun, de dag ai alter a piene mani
per vess fradei e cumincià debùn cume Italiani !”
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Tutti i dialetti sono belli,
piacciono tutti.
Ciao Pierguido,
fatti sentire!
Dora

il 05/07/2010 alle 12:25