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Pubblicata il 11/05/2010
invertebrato senza dono
figlio dell'odio
raccogli i chiusi sospiri,
scivola convulso come foglia
annetti il germe dell'odio,
dell'empio corridoio
l'animo d’ebano
inverdisce purulento.
Gracchia
povero debole
la mite esistenza
divora
i tonfi canuti e svampiti
dell’arroganza.
L’ira è l'inedia del cuore
tra rivoli curvanti
di terminal pazzia.
Rinnega
scricchiolando
la vittoria
tra la polvere
penetrante della sofferenza
lava la tristezza.
Regna per sempre muta
la quiete degli sguardi spenti
gusci vuoti in vita.
Ora i rami incantati
cosparsi di fiori
gridano aiuto
in un stridulo tuono
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