PoeticHouse - Il Portale dei Poeti e della Poesia
Pubblicata il 07/05/2010
E’ il trenta aprile e nel giardino mio ci nevica,
ma quello che vien giù sono soltanto caldi e bianchi petali
di fiori di ciliegio innamorato,
che ha consegnato tutto quanto il nettare
ai casi disperati.
All’ape che gironzola ma per i fatti suoi,
affannata, preoccupata, forsennata ed ingannata
da suoi doveri che non sono suoi.
Al vento che scompiglia le corolle
e al ramo che le regge, senza foglie.
Natalità perfetta, vitalità che va,
andare senza fretta in piena libertà.
Al passero affamato che taglia e se ne va.

E’ il primo maggio e sto un po’ peggio di qualche ora fa,
contrariamente al mio pronostico incosciente di tranquillità
quasi a contatto del fondo abissale
del male che impedivo di diffondere
con stile da manuale.
Armato fino ai denti, ma solo di parole,
gridavo ai quattro venti: attenzione, state attenti!
a dove vi si perde pure il sole,
a dove forse non si ha più paura
perché vissuto tutto o suppergiù,
e vi ci sono dentro, immerso fino al collo,
m’aggrappo a qualche sterpo e non lo mollo.
Voglia di risalire! Ma chi ce la fa più.

Ma perché poi risalire ancora su,
rifare quel che hai fatto fino ad ora,
cercare già sapendo di non trovare! Salire o scivolare!
Domanda assai difficile da metter su,
completamente illogica da formulare,
risposta che tu solo ti potrai dare
a costo di mentire!
Questa vita è una menzogna
che scalogna non averle mentito,
tu che credi alla cicogna, non puntare quel tuo dito
verso il cielo azzurro e tondo,
verso chi ha capito il mondo
come è andato, come va, come andrà,
e a giudicarlo infame non è gran novità.

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