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Pubblicata il 30/04/2010
Veniva di sera a guardarmi negli occhi,veniva a quell’ora che gente non c’era,
lo sguardo assente di chi non spera di conquistare profumi e balocchi:
grossi i suoi occhi, rossi i suoi occhi,
bassi i suoi occhi profondi e sinceri.
Grossi i suoi occhi per meglio osservare grandi misfatti, enormi terrori,
spazi infiniti, infiniti tesori dilapidati da forti rancori:
molli languori, tristi languori,
incorniciati da intensi dolori.
Rossi i suoi occhi per pianti di annata, come dannato risulta il suo cuore,
vorrebbe essere un giorno beata ma fra le braccia del suo grande amore:
amore unico, amore bello
immenso e tragico ma senza cervello.
Bassi i suoi occhi costretti a fissare solo le pietre del marciapiede
da disegnare e da ricamare per quando avrà messo al dito la fede:
fede per vita, fede per morte,
contraria a tutto, persino alla sorte.
Abituati a gettare nel fuoco tutte le cose, le più vergognose:
cose da niente, cose da poco, cose di sempre ed oltraggiose,
non più possibili, non più decenti
finite da tempo ma ancora presenti.
E i giorni passano ma non passano invano, la vita scivola e se ne va,
se si fa vecchi, si fa vecchi fuori mentre di dentro si resta gli stessi,
dacché s’inizia a cogliere fiori per adornare sorrisi dimessi:
sorrisi facili, sorrisi furbi
sorrisi docili, assurdi e fessi.

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