PoeticHouse - Il Portale dei Poeti e della Poesia
Pubblicata il 12/09/2002
*Un medico africano di mezza età sta vagando nervosamente per la sua stanza.
Rivolge queste parole al pubblico, come in soliloquio, parlando a scatti.
Dalla finestra si intravedono fulmini*

La pioggia che scende oggi
E mi bacia i capelli
Non può cancellare
Quel che è stato e che sempre
Rimarrà vero, accadesse anche
Che il mondo sprofondi nella Tenebra.

La mia torre
Sorge sempre come fu lasciata,
Dritta, calma, grave
In mezzo alle colline.
Oh Dio, oh Dio, potresti almeno fermarmi
Dal tornare nel conforto di casa mia
E lasciare che io attenda il destino
Qua fuori, nella pioggia.
Perché apro questa porta?
So che apro la strada alla mia nemesi.

Rifletto nel mio studio, quieto
Abbracciato da questo grembo di pietra.
Ah, potesse durare questo momento
In eterno,
Ma la calma verrà rotta
Perché un qualche Dio in collera lo vuole

I relitti di una vita stanno appesi
Come fosse niente alle pareti sorde
E mi guardano.
Forse che pensino
Di dover condividere il mio destino?
Sì, sì, hanno ragione! Crolli con me la mia torre, e quello che contiene.

Lo so che stai arrivando
Mi guardi, alle spalle
Lampo furtivo, sparisci, sfuggi dalle mani
Davvero mi vuoi così male?
Non potresti mostrarti alla mia faccia
E diritto vomitare su di me il tuo odio?

La testa mi scoppia, mi duole un ginocchio.
Mi sento come un moderno Faust da quattro soldi.
Il destino deve colpire
Chi tanto orrore regalò all'umanità, sicuro
Ma quale giustizia è mai questa?
Non è, o fredde mura, più in alto di me il colpevole?

Tempo, tempo tiranno
Mai come oggi fosti sovrano del mondo.
A chi non ti prostituisci
Ben sapendo che sarai tu e solo tu a saldare il conto?
Ahimè, non val nemmeno la pena di provare
A domandarti, supplice, di correre più piano.

Non più giovane è la notte,
L'attesa mi snerva e mi infiacchisce.
Verrai mai, e quando?
Lo sapevo, lo sapevo,
Il tuo veleno diabolico è fatto
Della terribile attesa del tuo arrivo.

La mia mano cerca una sigaretta
Non trovo il cuccuriddu (sarebbe l'accendino)
L'ultima luce è morta,
Ma ci vedo benissimo
E vedo occhi, mani, lampade
Diavoli, lampi e proiettili, che mi cercano.

Tutto mi cerca per uccidermi
E non ho mai udito parole di pietà
Levarsi per me mai; figurarsi adesso!
Sento il pugnale che vuole dilaniarmi
Vedo la Morte che corre a pigliarmi,
Odo il mare sterile che vuole annegarmi.

Tutto troppo mi sfianca
E mi dilania nella notte della mia passione.
Dove sei, Yago?
Dove sei, Evan?
Dove sei, Paola?
Chi cambierà quel che è scritto?

Cado in un sonno che sa di morte.
Splendeva feroce il sole
E ronzava il ventilatore
Quando misi la firma sulla mia condanna.
Ora tutto è freddo. Tutto è pietra.
Per quanti anni ho sognato quei ventilatori?

Un urlo!
Passi, passi, ecco che stai arrivando!
Urli come un forsennato,
Ma lo so, è l'urlo
Dei milioni che ho dannato con le mie mani?
Satana, chi sei, in confronto a me?

Pioggia, pioggia,
Tuoni fuori e dentro la torre
Sei ormai alla porta.
Entra, bastardo,
Che solo per te ho impugnato una statua di ghisa.
Vuole solo abbattersi sulla tua testa.

Tu! Tu, dannato!
E ciò che reggi in mano
Parla più di mille grida e dei tuoi occhi di sangue
E dilania il mio cuore!
RITRAILO, RITRAILO,
Parodia orrenda della mia dannazione!
Non affondarlo
Nelle mie vecchie schifosissime carni
- non serve! -
Perché io CASCO MORTO AL SOLO VEDERLO!
Giustizia è compiuta!

*Casca come morto, poi rialza la testa prima di render l'anima e parla ancora*

Siamo debitori di un gallo ad Asclepio, Evan. Non dimenticare.

*Rende l'anima. Evan irrompe nella stanza, trova la porta aperta, s'inciampa sul corpo del dottor Marks e vola fuori dalla finestra*
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