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Pubblicata il 08/02/2010
Nemmeno il silenzio, talvolta,
gli odori dovunque colpirmi alle ossa,
lo sterno di nubi che l’alba aggroviglia,
raccolta,
la fresca mattanza dell’ultimo sole.
E l’uomo sognare il vento che sfiora,
la sera,
il dolce migrare di un bianco gabbiano.
Urtare gli artigli che il cielo disegna,
ed in mano,
la pioggia raccolta ai passi del giorno.

In ogni contorno di lune liscose, vociare,
ai pascoli incolti un greve belare.
E tanto somiglia quel verso al mio pianto,
disteso sui grumi dei figli qui accanto,
sorpresi a guardare nei persi aquiloni
i troppi silenzi che sembrano cloni.
I figli a cui il tempo ha reso l’inganno
di perdere il padre nel cuore dell’anno;
ed ora che lenta mi sfugge la sera,
che possa il mio fiore tornare com’era…..
accanto la gora che siede agli abeti,
all’acqua che sola divora le seti,
ed io, che indurre il silenzio al cuore non posso,
scelgo questo vuoto che indosso
come il fiato di un dolce placebo.
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Bellissima e coinvolgente.La vita spesso è così ingiusta e dà dei dolori troppo grandi ,che schiacciano.
Possa tu ritrovare la serenità ed essere per i tuoi figli madre e padre assieme.
Ti sono vicina eoskarma

il 08/02/2010 alle 14:03

grazie per il commento..... visto che la poesia non è di facilissima interpretazione, e che tu sei stata così gentile da leggerla, ci terrei a decifrartela in tutta la suo introspettività..... essa, è dedicata a mi padre, morto nel 2002.... è stata intitolata il silenzio, perchè essendo successo tutto così velocemente davanti ai miei occhi, solo il silenzio si è materializzato in quel momento..... A presto, Yuri.

il 08/02/2010 alle 19:49

scusami ,non avevo capito ,credevo che tu fossi donna e che parlassi di tuo marito.
che abbaglio!
in ogni caso la tua poesia è veramente bella.
un saluto eoskarma

il 08/02/2010 alle 20:04

struggente!

il 08/02/2010 alle 20:57