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Pubblicata il 20/01/2010
Mi basterebbe
disegnare con le dita
i tuoi fianchi
e i seni superbi
scaldarti il corpo con le labbra
e poi tutto divorare
tutto
di te
possedere.
Come una volta.
Quando ancora soli
nuda
orgogliosa
nella giungla domestica
t’aggiravi,
splendida e divina,
perché nel gioco
d’istinti incontrollabili
io cadessi
a godere
con gli occhi prima,
poi con la mia carne.
Ed il tuo ricatto
quando sulla bocca
l’umida carne
del tuo desiderio
premevi
morendo per prima
lasciandomi il sapore
sopraffino
del tuo piacere
ad arroventare
la pazzia sospesa
del mio.
E poi quando cedevi
femmina dolcissima
e restavamo uno
senza parole
solo ansimando
e sorridendo
complici e bambini
innocenti e impuri.
Nudi amanti
nel solo paradiso
ch’io abbia conosciuto.

Di tutto non resta
che un orrore
una nebbia confusa
un umido grigiore
di vuoti infiniti
e dei freddi anni a venire.
E le dolci stagioni
del nostro tempo insieme
lasciate a seccare
tra le pagine d’un libro
che non leggerai più.

Non sono grato al cielo
per ciò che ho avuto.
Noi correvamo
per strade solitarie
ed eravamo,
felici d’esserlo,
uno.
Ora
nell’abbandono
di sconnessi sentieri
di silenzio
corre solo dolore.

T’affiori alla mente
il corteo spietato
dei giorni miei uguali
quando d’altre labbra
si scalderà il tuo corpo
e desolata e breve
sia la fortuna
dello sconosciuto !

Maligni e immondi
i miei pensieri.
Che non sanno morire.

Ma io
solo di questo,

solo di questo
io vivo !
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mamma mia, c'è tutta la tua vita in questa poesia,mi dispiace per la fine, ciao Rosa

il 20/01/2010 alle 17:18