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Pubblicata il 06/01/2010
Come uno zingaro al semaforo,
quel mattino stralunato ed inutile
c’aveva più oro in bocca che denti
e in tasca manco un centesimo,
ci cercava l’elemosina ma non c’aveva visti
bene in faccia, avevamo speso tutto quello che
ci rimaneva al distributore automatico di sigarette,
avevamo preso un pacchetto da 10 da dividere in 5
e già s’era fatta colla per la benza.

Al ritorno dalle scorribande notturne
le persiane erano belle che pronte ad essere chiuse.
Stavamo perdendo gradualmente
l’abitudine alla luce del sole,
c’avevamo la pelle che sembrava quella di un albino,
bianca che più bianco non si può.
Qualcuno iniziò a pensare di noi
che fossimo dei vampiri,
di quelli dei film per intenderci,
con le zanne affilate e un desiderio
inappagabile di sangue umano.
Effettivamente il gusto del macabro
non ci mancava mica,
solo che a noi l’unico fastidio
che ci lasciava la cipolla
era l’alito tremendo da svenire,
cosi pesante da poterci schiacciare
kili e kili di gnocca fresca e giovane.

Andavamo in contro al nulla
a velocità sostenuta,
sapevamo che in fondo a quel buio
prima o poi ci doveva pur essere una luce,
qualche forma di bagliore o qualche diavoleria giapponese
che scimmiottasse la vita, nei film che c’avevano
cresciuto andava proprio cosi, l’incubo finisce quando
arriva l’eroe buono che manda tutti a tappeto
con mosse imbarazzanti ma efficaci
contro ogni principio della fisica,

chiunque di noi segretamente un po’ ci sperava.
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