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Pubblicata il 14/09/2009
Districai una matassa di cotone bianco,
cercando di trovarne un capo,
volevo farmi far la sciarpa da una zia
donna molto abile all’ago e all’uncinetto.
L’avrei indossata la sera della prima
sopra al vestito nero tipo smoking
che mi fece la vicina premurosa,
col tessuto che mi diede una cugina,
un avanzo di stoffa del marito ormai defunto.
Un amico,cameriere a tempo perso,
mi prestò camicia e papillon,
e per le scarpe non vi furono problemi
presi i soldi all’usuraio e lui segnò.
Lanciandomi un’occhiata assai tagliente
aggiunse cifra alle cifre precedenti,
sei giorni appena per saldare il tutto.
E arrivò il gran giorno,finalmente.
Eccitato da non capir più nulla
mi vestii come un Gastone,
trovai anche un bel cilindro
e il bastone da passeggio di mio nonno.
La trionfale dell’Aida in sottofondo,
sbirciai la mia figura nello specchio,
il biglietto avevo in tasca,
l’ultimo,
di certo.
Una mezza piroetta sulla destra,
una mezza anche a sinistra
per spartirle in debita misura.
Mirai e rimirai più volte il viso,
la mia tempia era pulsante
ma la mano era ben ferma,
un’ultima specchiata,
et voilà..!
Cala il sipario,
il primattore ha terminato
non concederà né repliche né bis
e non vorrà neanche gli applausi,
e ai molti che han cucito il suo vestito
lascerà un rimorso un po’ tardivo
e con lacrime a fiumana giù dagli occhi
il cravattaro è dispiaciuto più di tutti.
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