Renditi pure una tigre
e immolala allo Juggernaut
e avrai zibellino
Valentino per non essere out
ma in.
Se invece sai la difficoltà del ricamo
con le parole che ti parlano
non puoi sperare cucendole a caso
di fare di Arlecchino un sarto
o sei solo un pazzo.
Lo sai che quando sfilano sulla lingua
carine carine
la celebrità ritratta
-se non è svogliata-
indossa il Wonderbra di mamma?
Facciamo un esempio prelogico: l’aria. Peso
e grandezza innata. Schiena piegata
e gravità che schiaccia. Si è mai curvata
a carezzarti nel pisolino, sfregata sull’eterno
macho o sul femminino nella tammurriata a Nutopia?
E l’hai vista tarantolata
sbavare, urlare, sanare
un intero popolo ?
Io no. Non la trovo
buona medicina
o placebo. Ci restano poche parole.
Stanno corte a Dio e al microbo.
Utili forse al reprobo mattutino per canticchiare l’introito
alla messinscena.
Un bel dì vedremo se scema o saggia.