PoeticHouse - Il Portale dei Poeti e della Poesia
Pubblicata il 28/04/2009
Alle fiamme azzurre degli angeli
Cinque pentole fumicanti
ai fornelli
a impregnare d’affetto le mura
e congelate da un trillo al telefono
-A catena,solidali in cerchio le voci
soffocate a legare il dolore
di mano in mano vane a sottrarsi
dall’aureola nefasta d’esalazioni,
salì dagli inferi nessuno la vide
spedì per sempre le anime al cielo
che ancora non le voleva
ma il ricatto in agguato del pane
le ordinò cavie in anticipo
-Scialli neri
icone al buio dei giorni
e ad avvogere cuori di madri
alcune con in grembo piccoli occhi
alla luce vedranno
riferimenti sepolti a metà
e sommeranno nel vento
labili lamenti in unico grido ..giustizia
per un pianto che non venga fatto passare
solo come sangue bianco
in esubero tracimato dal cuore
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Da:Avanguardie Irriverenti
www.santhers.com
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che li abbia ricordati o meno con buona poesia è altro discorso ma il votatore anonimo se avesse avuto un pò di dignità si sarebbe rispiarmato il suo voto insultante al ricordo delle 5 vittime che poco tempo fa morirono in una cisterna...amen

il 29/04/2009 alle 00:36

SGCU 900527/5, questa la matricola della cisterna trasportatrice di zolfo liquido, che ha ucciso cinque operai di un autolavaggio, a Molfetta, il 3 marzo del 2008. Guglielmo Mangano, Michele Tasca, Luigi Farinola, gli operai morti, oltre a Biagio Sciancalepore, autotrasportatore di una ditta esterna che era presente sul posto e Vincenzo Altomare, datore di lavoro degli operai. Solo i primi due erano stati addetti al lavaggio e alla pulizia dell’interno della cisterna; dalle autopsie e dai rilevamenti effettuati il pm Giuseppe Maralfa ha supposto che “gli altri si siano calati dentro per cercare di aiutare i primi due”. Unico sopravvissuto, Cosimo Ventrella, un operaio che, affacciandosi alla bocca del container e respirando i vapori tossici, si è subito sentito male.
“Scheda dati di sicurezza”, la grande assente evidenziata dal pm al processo appena iniziato, che vede coinvolti sette imputati, di cui quattro persone fisiche e tre società. Omicidio colposo plurimo, lesioni colpose e violazione della normativa sulla sicurezza sul lavoro, sono i reati contestati a vario titolo agli imputati. All’interno della cisterna, secondo il pm, si sarebbe liberato dell’acido solfidrico, causa dell’intossicazione mortale.
Rilevata, nella ricostruzione dei fatti, anche la mancanza di autorespiratori (le mascherine comuni infatti non sarebbero bastate per il trattamento di materiale chimico in un luogo chiuso), e di imbracature o cinghie di sicurezza che avrebbero potuto sollevare e far risalire all’esterno gli operai in caso di emergenza.
Una incredibile catena di morti dovuta soprattutto alla solidarietà, “mio marito non era addetto al lavaggio cisterne”, ci ha raccontato Giulia Caradonna, vedova di Luigi Farinola, costituitasi parte civile nel processo. “Non sappiamo neanche noi bene cosa è successo”, ha puntualizzato la signora Caradonna, “però, ricostruendo un po’ l’accaduto, pensiamo che Luigi si sia avvicinato alla cisterna perché ha sentito gridare aiuto, d’altronde lui era sempre pronto ad aiutare gli altri, se non fosse andato ad aiutare i suoi compagni non l’avrei riconosciuto, non sarebbe stato lui”. Un tragico destino quello del trentasettenne Luigi, perché “lui era impiegato in quella ditta da appena due mesi”, ci ha spiegato la signora Giulia, “per dieci anni aveva avuto un’attività in proprio, ma le tasse erano tante, avevamo il mutuo della casa da pagare, una bambina e io ero di nuovo incinta, insomma ce la facevamo con fatica, ecco perché Luigi ha deciso di chiudere la sua attività e andare a lavorare come dipendente, per essere un po’ più tranquilli, soprattutto per i figli”. Il destino ha fatto il suo corso, ma è la giustizia adesso ad avere la parola, “siamo soddisfatti della velocità con cui è stato avviato il processo”, ha rivelato la signora, “sappiamo infatti di altre vicende simili, altri familiari che aspettano anni prima di vedere un’aula di tribunale”. Ma la battaglia è appena iniziata per i familiari, “vogliamo che sia fatta giustizia e che i colpevoli di questa tragedia escano fuori”, ha dichiarato la Caradonna, aggiungendo che, “siamo rimasti stupiti che alcune aziende non siano state coinvolte, secondo noi c’è un buco nella ricostruzione del viaggio della cisterna: non sono state abbastanza considerate le fasi del riempimento e dello svuotamento, cioè si dovrebbe indagare tutto l’arco del percorso della cisterna e non solo quello finale, pertinente al lavaggio, quindi dopo che è stata svuotata”. La sete di giustizia però, secondo la Caradonna, non può bastare da sola, “questo è un dolore particolare, solo chi lo prova può sapere il peso che rimane sulle spalle dei familiari delle vittime; per carità, abbiamo avuto tanti attestati di solidarietà, questo sì, soprattutto nella città di Molfetta, ma, da un certo punto in poi, solo noi sappiamo i problemi che rimangono addosso”. Il futuro, per la vedova di un operaio morto sul luogo di lavoro, “non è sicuro, voglio dire, sì all’inizio arrivano degli aiuti economici, ma si sa, i soldi come vengono se ne vanno, ci vorrebbero aiuti più duraturi”, ha spiegato la Caradonna, “io devo crescere due figli e affrontare un mutuo, ho ripreso a lavorare come operaia ma non posso fare più di un part time, perché la bambina ha sette anni ma l’altro ha otto mesi, fortunatamente ho un po’ di aiuto da parte della mia famiglia”. All’inizio la prospettiva sembrava diversa, ha raccontato la signora Giulia, “ci avevano promesso dei posti di lavoro, che non sono arrivati, nemmeno sotto forma di proposte, e ci siamo dovuti rimboccare le maniche e pensarci da soli, mettendo da parte il disorientamento e il dolore”.

il 29/04/2009 alle 00:43