Non t’importa di ciò che scrivo.
Rastrelli col tuo sguardo una poesia,
e a labbra svelte mi confidi,
“…qui mi confondo”.
Quelle che ti ho date
sono servite da segnalibri
per i tuoi gialli.
“Brava, ben fatto”
penso fra me, e ogni tanto
ti domando che fine abbia fatto
la mia “Occhi persi”.
Stai lì a controllare,
che i miei capelli stiano composti,
che mi siano rimasti
gli spiccioli per un caffé.
“Nietzsche diceva che il caffé rende tetri.
Chissà perché…”
“Bevi e lascia stare.”
Certo, sarebbe più facile per tutti,
se potessi starmene sul bus,
senza visualizzare che ci scarica
come merci.
Oppure nominare tranquillamente
quel cartello, “svolta continua”
senza scatenargli contro un incendio
di pensieri.
Tu non ami le mie poesie.
Continua a non farlo.
Penso che non potrei più restarti accanto,
se tu prendessi ad amarle.
Mi va bene un film, questa sera,
uno di quelli che hai scaricato
senza nulla saperne.
Sarà pure una commediaccia,
di quelle che friggono l’aria
con le solite stradiscusse questioni
di cuore.
Ma sai, ho il nervo ottico stanco,
e la retina in parte addormentata;
guardiamolo pure.