Era il nostro piccolo vivere
dentro al quale i sogni avevano sentieri
in cieli azzurri ed il sussurrare del vento
correva lungo le pietre corrose del muro
portando storie di orchi e dell'uomo lupo
lungo lo stradone del cimitero.

Zolle di terra amara bagnata di sangue e sudori
col falco in picchiata che lacerava i silenzi
che si consumavano su campi a perdita d'occhio,
il fluire del Tempo aveva con se manciate d'oro,
bastava accodarsi sui passi del destino
uno dietro l'altro per scoprire le orme della Vita.

Vedemmo passare la giovinezza salendo sul pioppo
quasi a toccare le nuvole,
che ne sapevo di te padre quando tornavi dalla Sava
con la tuta che vomitava bauxite e la rabbia dentro
ai tuoi occhi celesti per le ingiustizie toccate con mano,
non sapevo nulla di quanto fosse amaro lo spezzare quel pane.

Era il nostro piccolo vivere, a Pasqua alta,
quando ci rotolavamo sull'erba risorta e le giornate
s'allungavano fino al vespro,
il fiorire del susino selvatico, dei pomi di sanpietro
ancora acerbi, il tirare su col naso
le urla per le palline colorate di terracotta dentro
la buchetta.

Ora non aspetto più sogni in questo inverno solitario,
mi gela l'anima la tormenta dei ricordi,
il vivere che cercai ha il grido della sua voce perduta
e ombre avvolgono le sue perdute sembianze,
nel sentiero sempre più corto mi resta soltanto
l'impronta del mio passo traballante che ora sa di Dolore.