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Pubblicata il 03/01/2009
Gocce
sulla distesa dell’oceano,
schiacciavano pistilli
e l’acqua rimbalzava.
Spingeva il diadema
sempre più lontano,
tra le grandi alghe
galleggianti.

La luna,
una bianca opalescenza.
Diamanti rotolanti
fuori dal sacchetto
di pelle vermiglia.
Sorridevi divertita
riflettevi al riverbero
della luce notturna

Ricordo
quella sera il sole,
mezzaluna rosseggiante
aria già nera
dal buio in arrivo.
Tu quasi bisbigliavi
faticavo ad ascoltarti
ma alcune cose capii.

Dicevi
“Sei vai e lo spingi
che lo stringi il diamante
il più bello ovviamente,
se lo segui… Vedrai”
Sorrisi io… Che bella ch’eri.
E lì m’accorsi che più bella,
non t’avevo vista mai

Seguii
la fiamma dello scintillio
e il vento abbracciai.
San Giacomo guardava
ed io già sperso m’ero
nell’iride dei tuoi occhi
e nell’abbraccio che fu.
E che abbraccio che fu.

La scienza
stendeva i suoi tuoni radi
e giocava coi lampi
e se lo volevi sbarravi gl’occhi,
se lo volevi sporgevi la testa
e la vita, la bella vita ch’era li,
giocando, distillava lacrime.

Gli sparsi diamanti
sul tronco scavato
sembravano occhi
che vita ch’era… Gran vita ch’era…
Che giorni quei giorni!
Se li volevi erano lì
e il mare silenzioso e immobile
e sottile stava.

La pietra blu
strappava pensieri,
ma scafata la nave,
la tentazione arrivava
prima o poi.
Navigando navigando
la nebbia lentamente nascose
quell’immenso cielo… Le sue stelle.

La spiaggia
interruppe la dolce risacca
come in un corno.
Strani velenosi animali
emersero dall’acqua
con i loro lunghi colli
i loro sibili nell’aria…
e che schifo d’animali erano…

“Le tentazioni”
che l’onda scacciava
già sopra gli scogli
Bella era l’Asturia
le sue spiagge tra prati a picco
l’oceano parlava
quasi danzando
San Giorgio scioglieva i nodi

Mi salutò
la chiesa era mia la casa
“Compostela aspetterà”
Disse sottovoce,
“Io sono la sua casa”
“Il tuo autunno di Spagna,
le cornamuse galeghe
mai suoneranno per te”

Temevo
che non avrei vissuto la notte…
Ma aggiunse
“Le belle sere di Spagna
saranno una luce
che lenta si spegnerà”
E sospirai tanto, che qui
ho voluto scriverne.

Quello fu,
del miracolo incompiuto
col santo che salutava
la sera del miracolo fu.
Che belle quell’onde…
Così che m’accorsi pure
che in genovese s’era rivolto…
Che bello quel mare!

Poi tu tornavi.
“Dai dimmelo” Dissi io
“Non si può giocare in eterno!”
“Che questo pianto suoni
e batta al ritmo del cuore.”
D’un tratto le voci bianche
pregnaron l’aria d’incenso
e il marmo divenne statuario

Dimmelo che sogno
una volta per tutte!
E piansi in ginocchio
Mi passarono davanti
che mi sembrava d’onda
l’avanzare e l’alzò,
“La vedi che s’alza
sulle bianche scogliere di Spagna”.

Ripeté.
la vedi che s’alza?”
Io la vidi quella volta e poi
la persi per sempre.
I terribili animali scomparsi.
Di una vita vidi i miei sogni,
di tutta una vita
eran quei sogni.

E la ragazza
Cantava, il coro al culmine.
“Dimmi che le senti
dimmi che senti”
E tu annuivi ascoltando
del tamburo forte il suono
che non riesco più a crederci
che forse impazzirò d’amore.

Una ballata
di cuori vivevo,
sincopato respiro
abituato ch’ero, che se la notte
io la vivo, che il giorno
io lo vivo, come un sogno sto
E che sogno era quello, lo so.
Di una vita intera! Il sogno.

Non potevo,
non c’era nulla da fare
e vi tenevo per mano
voi che v’amo solo con me,
determinati con me,
se faccio bene chiesi voi
sorrideste e non c’era altro
Scoccai la freccia, quindi.

L’antico oceano
sorvolammo e l’onda
sbrillando d’immenso
armagheddon sbrillò
ed io sbrillai
e mi fermo qui per non soffrire.
Vagai per anni neppur
contento della solitudine…

Tu e i miei
non eravamo più noi
che già eravamo svolti
poi mi svegliai e tu eri lì,
i miei eran lì, sorrisi tra me
Ti baciai, mi riaddormentai,
tu dormivi, m’addormentai anch’io.

Lessi
un cartello nella notte.
Era un cartello bianco
con una croce rossa
che divideva in quattro
la nostra bandiera,
in grande era scritto
Bienvenido a Lanzarote!

Bienvenido a la tierra de las Españas…
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