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Pubblicata il 07/12/2008
Acute cime di dolore
svettano nel lacerante argento,
oltre l’uniforme coltre
di queste oleose nubi grigie,
ed in questa passiva rotolante quotidianità
perforano il mio cuore,
come spade affilate
dalla brutale mano del destino.
Tu sorridi e sorridendo ti allontani,
con un lieve cenno di saluto
nell’aria tersa di questo spento autunno.
Piccole, salate lacrime
segnano il mio volto
e cadono sul tuo quartiere,
le sue nude strade,
ed i muretti, le malinconiche panchine
e, tra le antiche placide vestigia,
le ingiallite, erbose zolle,
ove sino a ieri abitavano
la tua innocenza ed il tuo stupore.
Intorno a me ogni cosa è sospesa,
ferma in questo vuoto,
di cui tutto intero non capisco il significato.
Poi nell’aria tersa mi volto,
e mesto, ancora una volta, rientro in casa,
ancora una volta, lentamente,
dietro alle spalle questa porta mi chiudo.
Fuori, restano le solite amare note,
e si perdono,
in questa insipida aria di mare,
e nel mio passato.
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