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Pubblicata il 24/11/2008
Gaia t'avrei chiamata,
non potendoti nomare figlia amata.
Credo come auspicio o presagio,
certamente per amore, non per plagio.

Un arrivo, come nave in un porto,
poi la paura ..... un aborto.
Troppo presto per essere viva e senziente,
troppo tardi per non essere niente.

Tua madre non mi ha mai parlato di te,
ha deciso ogni cosa da se.
Se n'è andata una mattina d'inverno,
sola, dentro una clinica con un quaderno.

Non l'ho mai più rivista ne evocata,
e per orgoglio neppure cercata.
Ora che la morte l'ha presa con se,
quel quaderno mi racconta di te.

Non so spiegarti cosa sento,
qualcosa come un pugno al mento.
Ciò che mi angoscia da ore
è che non c'è posto dove metterti un fiore!

Gaia t'avrei chiamata!
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Inventasogni, hai inventato una gran bella poesia.
Complimenti
Luca.

il 24/11/2008 alle 11:30

Niente male questa lirica legata, come d'intreccio alla rima baciata. "Gaia, t'avrei chiamata", ancella della rima incrociata.
Agostino.

il 24/11/2008 alle 14:39