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Pubblicata il 06/07/2002
In via Ada Negri
al numero 7
si legge ancora
il nostro cognome:
non l’han cancellato,
lo faranno tra poco,
quando le pratiche
saranno archiviate…
Ti ho visitata
per l’ultima volta,
ed eran tre anni
che non ti vedevo.
Ho rivisto l’andito,
lungo e stretto,
che quando ero piccolo
sembrava infinito…
Correvo veloce
per attraversarlo
in fretta,
perché conduceva
alla stanza dei giochi…
Ricordi, sorella?
La chiamavamo “lo studio”
la stanza dei giochi:
lì dentro, anni prima,
lavorava papà.
La camera da letto
di mamma e papà
era il nostro rifugio
quando
eravamo
malati:
un letto matrimoniale
tutto per noi,
i giornalini, i regali,
le sorprese di papà,
la mamma che leggeva
i “C’era una Volta”
perché la febbre, i dolori
e la nausea
fossero quasi
una bella vacanza…

Ti hanno spogliata
dei tuoi mobili
e del tuo vissuto,
e ora sei nuda
e smarrita…
Sei ancora tu?

Le foto
che il tempo
già inizia a scolorire
ti ritraggono
ancora felice,
materna.
Non potevi sospettare,
allora,
che un giorno
ti avremmo tradita,
venduta
con la solita scusa
che era necessario…
Domani un’altra famiglia,
un’altra storia
varcherà la tua porta,
ma tu sei morta,
sei morta con me
e ai nuovi padroni
non resta
che il tuo corpo
sfigurato


Ti voglio bene,
vecchia sorella,
tu che piano piano
mi sussurravi
i tuoi segreti
e per anni hai cullato
la mia fantasia.
Sì, lo prometto,
è l’ultimo pianto
che piango per te,
ma tu, ti prego,
fra le urla e i rumori
dei nuovi inquilini
ricorda…
Ricorda
che ti amerò per sempre,
mia povera casa,
in via Ada Negri
al numero 7.








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