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Pubblicata il 16/04/2007
Gli occhi improvvisi,
e l'ampia bocca che ride,
di suon cattivi fiata,
inquieti lemmi
che pungenti cadon
severi in petto
e striscian sinuosi
giù le secche coste,
come gelati germogli
radicar voglion menzogne
nella sapiente e rassegnata carne.
A niente servì
il tempo passare,
come levigate pietre
i cuor ristanno,
in me,
che abbandonato han,
da immemore tempo,
le truppe dell'orgoglio,
gli antichi confini,
trovan, i duri motti,
la lor perfetta meta,
ed io dunque,
che pur rilutto
la lor crudeltà subisco,
il velen che induce
il torpor dell'amor proprio
suggo.
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