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Pubblicata il 13/07/2005
I SEGRETI DI PULCINELLA
La selva dell’estate aveva quella stanza,
l’incredibile mobilio, i giganti divani
davano spazio dove s’incoltriva l’afa di stagno.
Cimici di luce invadevano l’ombra sfuggita della
serranda;
macolando anche il canto assiepato tra i dormienti.
Carnei grassi eventi sfioravano oracoli
viluppi di trini di tende, lievemente,
lieve segno su fango appena bagnato.
Un cane là accanto sfiatava l’incanto. Spargeva
la valle d’eco già traboccante.
Mentre il campo del grano l’aratro attendeva
l’átono pianto rincuteva
il laio, svelleva
il velo salseo di fosso che spingeva
a sfogliar Quel Che spelleva.
Ogni giorno la bestia guaiva,
fino a sera e dopocena.
Era fastidioso, era insensato. Non si sentiva
dolce il bengalino: il grido affamato
copriva il tenero pitocchío quando,
aggrappato alle sbarrette
il volo delle mosche si beveva.
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davvero sensaizoni strane quelle che si sentono leggendo questa tua poesia,, il fatto che sembrino versi non coerenti tocca in profondo. Bella

il 13/07/2005 alle 15:20

I SEGRETI DI PULCINELLA, ORIGINALE

il 13/07/2005 alle 21:28